
È una generazione consapevole e cosciente quella del Newport Folk Festival, il festival musicale centro del folk revival dei primi anni 60. È un pubblico che ascolta in silenzio e con riverita attenzione i suoi artisti, che guarda da vicino per verificare che i musicisti siano autentici, sinceri.
È questo a colpire, più delle esibizioni riprese, durante la visione del film Festival!, documentario del 1967, incentrato sul periodo dal 63 al 66. Esibizioni pur interessantissime, soprattutto nell’evidenziare l’unione tra la tradizione bianca del folk, e la riscoperta di artisti di colore, alla base del coevo blues revival. Murray Lerner, con questo film al suo esordio come regista, riesce, in poco più di un’ora e mezza, a fare un ottimo riassunto di quattro anni di vita del festival, pur con i dovuti compromessi. Nessuna esibizione è infatti mostrata per intero, e le interviste sono brevi e per lo più di interesse discutibile – tranne quelle finali a Son House e Paul Bloomfield sul significato del blues. In compenso gli artisti che si succedono sono numerosi e dagli stili diversi, aprono il film Peter, Paul & Mary, trio che portò al successo vari brani di Bob Dylan, cantando “If I had a hammer”. Dopo di loro assistiamo al debutto di Joan Baez insieme a Bob Gibson, quindi si succedono Pete Seeger, uno dei leader del movimento folk, Howlin’ Wolf ecc.. Guardandoli suonare si rimane colpiti dalla voce della Baez, dal forza e dalla passione nel cantare di Mary Traves, dalle armonie vocali di Seeger e dall’energia di Howlin’ Wolf. Su questo panorama Bob Dylan agisce come un elemento di disturbo, sancendo con la sua, ormai leggendaria, esibizione elettrica del 1965, l’inizio della fine del folk revival. È quindi uno sguardo al passato quello di Lerner, ad un passato che sta svanendo. The Times They Are a-Changin' cantava Dylan nel 1963 e non si sbagliava.
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